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05 Ottobre 2020

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Sicilia da record per i nidi di tartaruga. Il veterinario che le cura: “Segnale di speranza”

Si conclude una stagione estiva 2020 da record per la Sicilia: ben sessantacinque i nidi di tartaruga marina Caretta caretta censiti nella regione, tanto che il WWFl’ha ribattezzata “l’isola delle tartarughe marine”. Il primato appartiene alla Sicilia orientale dove si concentra l’80% dei nidi censiti, circa il 30% del totale in Italia. In particolare, la spiaggia da record si trova in provincia di Siracusa, nel comune Porto Palo di Capo Passero, dove tra le acque ioniche e tirreniche c’è l’isola delle Correnti che ha ospitato ben 9 nidi.

Le tartarughe marine arrivano nella nostra penisola per deporre le uova proprio in estate, la stagione più “pericolosa” quando le spiagge sono affollate e i disturbi per riprodursi sono ad ogni angolo. Sembra incredibile che tutto fili liscio come l’olio, in realtà non c’è alcun miracolo ma un esercito di volontari che pattuglia l’Italia, oltre cento chilometri di costa solo in Sicilia, e che – prima dell’arrivo di un asciugamano e di un ombrellone ad affondare nella sabbia – scova i nidi, ne recinta i perimetri e li monitora fino alla schiusa.

Il WWF è uno degli attori principali di questa rete con il suo Progetto Tartarughe, che va avanti da più di vent’anni, e col programma europeo Life Euroturtles, che sostiene da quattro anni. “Nel 2020 in Italia i nidi censiti sono stati più di cento, merito della rete di segnalazione sempre più efficiente, che vanta cinquanta operatori autorizzati dal Ministero dell’ambiente e tanti volontari”, fanno sapere gli amici del Panda.

Queste nascite rallegrano anche chi si prende cura delle tartarughe tutto l’anno: “I molti nidi sono un segnale di speranza visto che la Caretta caretta è spesso vittima degli attrezzi da pesca e delle eliche delle imbarcazioni – spiega Matteo Sommer, veterinario per i Centri di recupero tartarughe marine dell’Acquario di Genova e Acquario di Livorno – dal 1994 ad oggi, sono 140 gli esemplari feriti che abbiamo curato e rilasciato in mare”.

I primi pericoli per la Caretta caretta cominciano dal nido. È di notte che le femmine di tartaruga vengono a deporre le uova. Per fortuna i volontari si alzano presto, alle cinque del mattino, per andare a cercare le tracce. Dopo sessanta, settanta giorni, quando si avvicina il momento della schiusa, sempre i volontari fanno turni accanto ai nidi per assicurarsi che i tartarughini trovino la via del mare. “I neonati per andare in acqua seguono il luccichio della luna sul mare, ma è sempre più difficile per loro imboccare la via giusta, in quanto ci sono sempre più luci sulla spiaggia a confonderli”, aggiunge il veterinario a Ilfattoquotidiano.it.

Inoltre capita che le femmine affaticate o disturbate dalla presenza umana depongano le uova troppo vicine alla riva e anche in questo caso sono gli ambientalisti ad intervenire spostandole più a monte, evitando che maree e onde le portino via. Una volta diventate adulte per le tartarughe non cessano i problemi. “Tra le principali cause di ricovero ci sono gli ami infilati nella cavità boccale o nel tratto digerente”, racconta Sommer, ma anche “le ferite e le mutilazioni sul carapace o sul capo causate dalle reti o dalle imbarcazioni a motore” o ancora “l’ingestione di corpi estranei confusi per delle prede, come i sacchetti di plastica scambiati per meduse”.

Negli ultimi anni il riscaldamento globale si è aggiunto tra i nemici. Il WWF allarmato denuncia che “la deposizione comincia sempre prima, a maggio, e la schiusa finisce sempre dopo, a ottobre”, con conseguenze pericolose dato che “le mareggiate e il maltempo di primavera e autunno possono danneggiare i nidi”.

Le alte temperature, poi, causano squilibri, infatti, “le uova sono termosensibili e la determinazione del sesso del nascituro dipende dalla temperatura, se maggiore di 30°C avremo femmine, se inferiore maschi: in Australia nella Barriera corallina è stato constatato uno sbilanciamento nella popolazione di tartarughe verdi a favore delle femmine”, denuncia il WWF.

Non mancano però i segnali positivi. A cominciare dai cittadini e i turisti che sempre più segnalano alla Capitaneria di porto o alle associazioni le impronte sospette. Per non parlare dei bagnanti incuriositi da quel nastro rosso e bianco che delimita pochi metri quadri di sabbia e che, sensibilizzati dai cartelli illustrativi, si arruolano come nuovi “custodi”. Così come gli operatori balneari, un tempo temevano i nidi come limite per la fruizione della spiaggia ma oggi sono i primi a difenderli, perché l’arenile diventa attrazione e vanto. Un’alleanza uomo-tartarughe che fa ben sperare in ancora più fiocchi verdi per la prossima estate.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it

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